Premessa

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DOI:

https://doi.org/10.4454/blityri.v10i1.284

Abstract

In questo fascicolo il lettore ha a disposizione incursioni in una quantità non disprezzabile di autori e epoche storiche differenti. Anzitutto la sezione antica. Un articolo di Patrizia Laspia (Università di Palermo) torna con nuove ipotesi sulla vexata quaestio di come leggere e intendere le prime righe del De interpretatione di Aristotele: forse il passaggio più citato dell’intera storia della filosofia; in particolare per la nozione di pragma viene offerta una lettura innovativa. Sandro Nannini (già professore nell’Università di Siena) e Sibylle Mahrdt-Hehmann si soffermano su un altro puzzle dello Stagirita: la sua discussione dei paradossi di Zenone sulla impossibilità del movimento. Rossella Amendolara (una giovanissima studiosa della Sapienza) ci porta invece nei meandri del De lingua latina di Varrone, ipotizzando che la ben nota tematica dell’etimologia vada proiettata sullo sfondo della disputa fra opinione e scienza sviluppatasi fra il III e il II secolo a.C. La sezione moderna viene inaugurata da una rilettura del Saggio sulla filosofia delle lingue di Melchiorre Cesarotti, proposta da Stefano Gensini (Sapienza); e ad essa fa da controcanto la recensione da parte di Leonardo Bellomo (Università di Padova) degli Atti di un importante convegno cesarottiano tenutosi a Ginevra nel 2019 per le cure di un “cesarottiano” di vaglia, Carlo Emilio Roggia. Segue un contributo di un collega e amico berlinese, caro ai romanisti italiani, Jürgen Trabant, che torna sul “suo” Humboldt (autore cui ha dedicato studi noti e fondamentali), ricostruendo attorno a lui quel contesto prussiano entro cui nacque (e perché nacque proprio lì?) il grande progetto del comparatismo linguistico. La sezione contemporanea offre anzitutto un articolo dedicato a Émile Benveniste: l’autrice, Silvia Frigeni, dottoressa di ricerca della Sapienza, muove dalla teoria dell’enunciazione del grande linguista francese facendola dialogare con tematiche, quali gli atti linguistici e il concetto di performatività, che oggi sempre più si tende a riconoscere come fondamentali nel pensiero di Benveniste, e a valorizzare. L’ultimo articolo, dovuto a Fabrizio Angelo Pennacchietti (già professore nell’Università di Torino), è focalizzato su una figura-chiave della glossematica, Viggo Brøndal, la cui teoria delle preposizioni mostra singolari assonanze con la classificazione delle parti del discorso del semitista Gideon Goldenberg: ne deriva l’ipotesi di una struttura logica invariante sottesa alle lingue storiche che guarda pionieristicamente nella direzione in seguito proposta da Chomsky.

La sezione Documenti mette a disposizione dei lettori, per la prima volta (salvo errore) in lingua italiana una celebre, ma non facilmente reperibile Besprechung che il grande romanista austriaco Leo Spitzer dedicò nel 1932 alla da poco uscita Silloge Ascoli: una robusta miscellanea cui prese parte la quasi totalità dei glottologi italiani, riunita nell’omaggio al maestro goriziano. In questa unanimità lo Spitzer vide un singolare dato di arretratezza della nostra linguistica, apparentemente incapace di aprirsi a quanto di nuovo era maturato e stava maturando in grandi università e centri di ricerca europei: a Ginevra, intorno al lascito di Saussure, a Parigi, dove insegnava Antoine Meillet, a Praga, dove erano apparsi, nello stesso anno della Silloge, le famose Tesi. L’introduzione e le note che accompagnano il testo (a cura di S. Gensini) cercano di contestualizzare l’intervento di Spitzer e insieme di aprire qualche spiraglio, anche grazie alla sua critica, sullo stato degli studi linguistici italiani intorno al 1930.

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2021-07-29

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Editorial